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Mandato d' arresto europeo (M.A.E.) proveniente dalla Romania e rifiuto alla consegna

Avvocato penalista per difesa mandato arresto europeo (M.A.E.)


Quando può essere rifiutata la consegna perché sussiste il rischio di violazione dei diritti fondamentali della persona?



Nel caso di mandato di arresto europeo emesso dalla Romania, il recente rapporto redatto dal Comitato del Consiglio d'Europa per la prevenzione della tortura (a seguito delle ispezioni del 2021) è idoneo a dimostrare il generale rischio che vi possano essere pratiche inumane e degradanti.

La Corte d'Appello, prima da dare esecuzione alla consegna, deve pertanto accertare il trattamento che, in concreto, la Romania riserverà al “consegnando”.


Cassazione penale sez. VI - 01/09/2022, n. 32431

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di L'Aquila ha disposto la consegna all'Autorità Giudiziaria della Romania di M.Z., tratto in arresto il 3 luglio 2022, in esecuzione del mandato di arresto Europeo emesso dal Tribunale di Alba in relazione alla sentenza di condanna alla pena di anni cinque e mesi dieci di reclusione per i reati di partecipazione ad associazione dedita al traffico di stupefacenti, consumati dal dicembre 2013 al 2 ottobre 2014.

La Corte di merito ha escluso il rischio di sottoposizione del consegnando a trattamenti inumani e degradanti difettando "documenti affidabili" ai fini dell'esistenza di tale rischio solo in presenza dei quali lo Stato emittente ha l'onere di richiedere informazioni complementari.

2. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia di M.Z. articolando più motivi di ricorso, per violazione di legge in relazione alla L. n. 69 del 2005, art. 2, e 2 e 3 della CEDU, motivi di seguito riassunti nei limiti strettamente necessari per la motivazione.

In particolare, denuncia il carattere meramente apparente della motivazione con la quale la Corte di merito ha respinto l'eccezione difensiva sulla sussistenza del serio pericolo che il consegnando sia esposto a trattamenti inumani e degradanti, in relazione alle condizioni di detenzione delle carceri rumene, oggetto di rilievi in sede internazionale.

A tal riguardo il ricorrente contesta che la difesa non abbia prodotto documentazione adeguata, a sostegno dei propri rilievi sottolineando che, oltre alla produzione costituita dalla sentenza della Corte Edu, del 25 aprile 2017 ric. Rezmives e di pronunce della Corte di Cassazione che hanno ritenuto "attuale" la sussistenza di condizioni di detenzione particolarmente negative delle carceri rumene, erano stati prodotti il Comunicato Stampa del Consiglio d'Europa del 14 aprile 2022 e il Rapporto redatto dal Comitato per la prevenzione della tortura Consiglio d'Europa (protocollo n. CPT/Inf. (2022)-06.

Il rapporto, in particolare, attesta le perduranti pessime condizioni delle carceri rumene, in relazione allo spazio vitale assegnato ai detenuti; alle condizioni fatiscenti generalmente riscontrate nelle carceri e alle denunce di maltrattamenti fisici subite dai detenuti sottoposti, in uno dei penitenziari visitati, a vere e proprie torture fisiche.

Con il secondo motivo denuncia la genericità e indeterminatezza delle comunicazioni delle autorità giudiziarie rumene sulla destinazione del consegnando che, ed è questo il rilievo svolto con il terzo motivo di impugnazione, la Corte di appello avrebbe dovuto, invece, verificare accertando quale fosse la destinazione effettiva del consegnando.

3. Sono state depositate, in data 25 agosto 2022, conclusioni scritte dal difensore del ricorrente, avvocato Alessandro Carnicelli, che ha chiesto l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata o, in subordine, l'annullamento con rinvio.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato e la sentenza impugnata di essere annullata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Perugia.

2. La sentenza impugnata muove da un erroneo inquadramento del presupposto dei poteri di accertamento rimessi alla Corte di appello ai fini della verifica del motivo di rifiuto della consegna, già previsto come obbligatorio dalla L. 69 del 2005, art. 18 lett. h), sul quale è intervenuta la modifica ad opera del D.Lgs. 2 febbraio 2021, n. 10, nonché delle verifiche, attraverso la richiesta di informazioni integrative, alle quali è tenuta, in vista dell'esecuzione, l'autorità giudiziaria.

2.1.Questa Corte ha già condivisibilmente affermato che il motivo di rifiuto per il pericolo di trattamenti inumani e degradanti, è oggi previsto come facoltativo in virtù della clausola generale contenuta nel novellato L. n. 69 del 2005, art. 2, in base al quale "L'esecuzione del mandato di arresto Europeo non può, in alcun caso, comportare una violazione dei principi supremi dell'ordine costituzionale dello Stato o dei diritti inalienabili della persona riconosciuti dalla Costituzione, dei diritti fondamentali e dei fondamentali principi giuridici sanciti dall'art. 6 del Trattato sull'Unione Europea o dei diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva dalla L. 4 agosto 1955, n. 848, e dai Protocolli addizionali alla stessa".

Per tale ragione, si è affermato che sussiste una continuità normativa tra l'abrogato la L. n. 69 del 2005, art. 18, lett. h) ed il novellato art. 2 della medesima legge (Sez. 6, n. 14220 del 14/04/2021, Zlotea, Rv. 280878).

E' stato, altresì, precisato che la L. n. 69 del 2005, art. 16 contempla una facoltà, rimessa alla discrezionalità del giudice, di chiedere informazioni integrative, il cui mancato esercizio non comporta alcuna sanzione processuale.

Ciò nondimeno, l'omessa richiesta di informazioni può rilevare ai fini della violazione della L. n. 69 del 2005, art. 2 nel caso in cui, una volta accertata, attraverso documenti affidabili ed aggiornati, l'esistenza di un rischio sistemico di trattamenti inumani e degradanti da parte dello Stato membro, sia stata omessa la necessaria verifica in merito al trattamento detentivo del consegnando (cfr. da ultimo Sez. 6, n. 10822 del 16/03/2021, Istrate, Rv. 280852).

Il contenuto del Rapporto redatto dal Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d'Europa (protocollo n. CPT/Inf.2022-06), un organo istituito a fini conoscitivi dal Consiglio d'Europa, indicato dalla difesa, che ha pertanto assolto ad un onere di allegazione richiamando una fonte attendibile, specifica ed aggiornata su cui poter fondare la ragionevole affermazione dell'esistenza di un concreto pericolo di trattamento inumano e degradante determinato dalle condizioni di detenzione vigenti nello Stato richiedente, rendeva necessaria l'acquisizione di informazioni aggiornate sulle condizioni detentive cui sarebbe stato sottoposto il consegnando in relazione alla sua concreta destinazione ad uno specifico istituto di detenzione.

Il Comitato dei Ministri, attraverso il richiamato comunicato stampa in cui ha reso note le conclusioni del Rapporto, peraltro agevolmente accessibile sui siti istituzionali, conclusioni che contenevano le risultanze delle verifiche eseguite dai commissari del Comitato nei mesi di marzo/maggio 2021 presso due istituti penitenziari, quindi notizie estremamente recenti. Tali conclusioni, pur dando atto dei consistenti progressi in materia di gestione delle carceri, rilevavano che i miglioramenti pianificati dallo Stato rumeno non avevano condotto alla risoluzione definitiva dei problemi strutturali dei penitenziari rumeni, già documentati non solo nella sentenza Rezmives ma anche nel Piano presentato dalle Autorità rumene in data 25 gennaio 2018 al Segretariato del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa, competente per la esecuzione delle sentenze della CEDU.

In particolare il Rapporto evidenziava che "in due degli istituti penitenziari visitati garantivano spazio vitale di 2 mt all'interno della cella e, comunque, che le condizioni materiali erano generalmente scadenti in tutte le carceri visitate: celle fatiscenti e prive di mobilio, materassi e lenzuola consunti, e infestati dalle cimici... la delegazione ha tuttavia ricevuto un numero notevole di segnalazioni di presunti maltrattamenti fisici inflitti ai detenuti dal personale penitenziario in particolare da gruppi di intervento mascherati. E' segnatamente nel carcere di Giurgiu, dove sono state raggiunte denunce credibili di numerose persone ripetutamente percosse sulla pianta dei piedi, metodo di tortura conosciuto con il nome di falaka".

2.2. La natura dei rilievi sulle condizioni negative di detenzione, sia pure generalizzate, non e', tuttavia, di per se ostativa alla pronuncia di consegna, con la conseguenza che non può trovare accoglimento la richiesta di annullamento senza rinvio: il meccanismo di consegna delineato dalla decisione quadro del 2002, fondato sul principio di fiducia reciproca tra gli Stati membri, che presuppone che tutti rispettino il diritto dell'Unione e, più in particolare, i diritti fondamentali riconosciuti da quest'ultimo, non può prescindere dalla constatazione dell'effettivo e concreto grave malfunzionamento del sistema penitenziario dello Stato membro emittente, dall'altro che proprio i principi fondanti l'Unione Europea obblighino ogni Stato membro al rispetto dei diritti fondamentali sanciti dalla CEDU, come rammenta il considerando 10 della decisione quadro, in base al quale l'attuazione del mandato d'arresto Europeo può essere sospesa in caso di grave e persistente violazione da parte di uno Stato membro dei principi sanciti all'art. 6, paragrafo 1, UE.

Il tema di fondo, dunque, in materia di esecuzione delle procedure di consegna per il mandato di arresto Europeo resta, ne(vigente quadro di riferimento costituito dalle norme recate dalla L. 69 del 2005 come modificata dal D.Lgs. n. 10 del 2021, quello del ragionevole bilanciamento tra principi fondanti quali il rispetto dei diritti umani fondamentali e quello del mutuo riconoscimento.

Fin dalla più risalente pronuncia in materia, la Corte di giustizia (con sentenza del 5 aprile 2016), ha indicato la procedura da seguire in siffatte ipotesi ed ha affermato che, se lo Stato membro di esecuzione è tenuto ad accertare concretamente in relazione alla persona richiesta in consegna l'esistenza di un rischio collegato al divieto di pene o di trattamenti inumani o degradanti, contenuto nell'art. 4 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea e nell'art. 3 CEDU, va al contempo salvaguardata la possibilità della realizzazione della consegna stessa, consentendo "entro un tempo ragionevole" allo Stato membro di emissione di rimuovere le condizioni ostative connesse a tale rischio.

Tale principio è stato ribadito in una più recente pronuncia della Corte di Giustizia dell'Unione Europea (emessa nella causa C-218/18), in cui si è precisato che solo ove l'autorità giudiziaria dell'esecuzione disponga di elementi oggettivi, attendibili, precisi e debitamente aggiornati, attestanti l'esistenza di carenze sistemiche o generalizzate delle condizioni di detenzione negli istituti penitenziari dello Stato membro emittente, deve procedere ai necessari accertamenti e chiedere all'autorità giudiziaria dello Stato emittente le informazioni sulle condizioni di detenzione nell'istituto penitenziario nel quale sarà recluso il consegnando al fine di valutare se esistano seri e comprovati motivi di ritenere che, a seguito della sua consegna al suddetto Stato membro, questo correrà un rischio reale di essere sottoposto ad un trattamento inumano o degradante.

Va, peraltro, aggiunto, ad ulteriore riscontro della ricostruzione fin qui compiuta, che, proprio con riferimento ad un mandato di arresto esecutivo emesso dall'autorità giudiziaria della Romania, la Corte Edu ha recentemente ravvisato la violazione dell'art. 3 CEDU in relazione ad un caso in cui era stata autorizzata la consegna senza assumere informazioni sulle condizioni detentive del consegnando (Corte Edu, 25/3/2021, Bivolaru e Moldovan c. Francia).

3. Come si è anticipato, nella fattispecie in esame la Corte di appello non ha fatto buon governo di tali regole e, sulla base di considerazioni relative alla mancata produzione di "documenti affidabili" - che viceversa erano seri, precisi e trovavano la loro fonte nel più recente e aggiornato Rapporto redatto dal Comitato per la prevenzione della tortura Consiglio d'Europa - ha omesso di acquisire informazioni in merito al trattamento detentivo che sarà riservato al consegnando al fine di scongiurare il rischio di sottoposizione a trattamenti disumani o degradanti, un rischio che, anche in presenza del descritto quadro negativo e generalizzato degli istituti penitenziari nello Stato rumeno e dei trattamenti imposti ai detenuti, deve necessariamente essere soggettivizzato con riferimento al trattamento penitenziario riservato al consegnando.

Fondato, quindi, è anche il rilievo di apparenza apparente della decisione di consegna, costruita su argomentazioni generiche, prive di alcuna efficacia dimostrativa, tanto più che non si è accertato neppure, acquisendo il programma mirato di esecuzione nel quale dovrebbe essere indicato anche l'istituto di destinazione (oltre quello di transito) del consegnando, quale sia il trattamento penitenziario riservato al ricorrente, carenze inidonee ad esporre un effettivo percorso logico a sostegno della decisione di consegna.

4. La Cancelleria curerà gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.


P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Perugia. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui allaL. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.

Così deciso in Roma, il 1 settembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2022

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